E intanto la pioggia cadeva.
Attraverso lo schermo
teso
le mani alle vostre bare
tendevo.
E mi chiedevo perché
perché voi
perché così.
Come animali al macello
inviati dove
la speranza appassisce
come una rosa
da troppo recisa.
E intanto la pioggia cadeva.
Sulla folla
che vi ama
che ancora vorrebbe
proteggervi.
E anche sui detriti,
sui resti
di quelle auto dirette
a casa.
Casa!
Concetto da voi
ormai scordato
rinunciato.
Forse.
Perché voi
soldati in guerra.
E dei soldati disse
Ungaretti
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
E intanto la pioggia cadeva.
O erano lacrime?
Lacrime di madri,
di mogli,
di sconosciuti
che in voi
vedevano la speranza,
un’alba nuova
in cui svegliarsi.
Lacrime dal cielo.
E gelidi volti:
coloro che mille volte
prima del tritolo
già vi avevano ucciso.
Ministri
di niente,
sindaci
di nessun luogo.
E intanto la pioggia cadeva.
Io,
incredulo spettatore inerme
(Inerme?
O forse colpevole di non aver
urlato
lottato
anche sparato?),
a guardare
assurdi funerali di stato.
Stato che celebra,
stato che ha ucciso
che è
cavaliere inesistente
senza il coraggio e la poesia
di Calvino.
E intanto la pioggia cadeva.
E anche voi siete caduti.
Ma mentre scivola via
la pioggia
goccia dopo goccia,
voi no.
Siete ancora lì.
Vi vedo.
Vi sento.
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